Microbiota

Perchè fare il microbiota intestinale?

Il test del microbiota è utile perché permette un’analisi dettagliata della sua composizione a livello intestinale, ed una verifica del suo equilibrio (eubiosi) o una comprensione del suo stato di alterazione (disbiosi). I risultati di questo test permettono di apportare delle misure correttive specifiche sia attraverso un’adeguata terapia probiotica, che attraverso una manipolazione accurata della dieta. A seguito del test, dove si conosce la popolazione batterica a livello di genere (o di specie in alcuni casi), si possono intraprendere:
  • strategie personalizzate di terapia probiotica e prebiotica, con integratori capaci di ripristinare l’equilibrio batterico secondo le necessità precise del singolo individuo
  • una consulenza alimentare correttiva per ripristinare l’equilibrio tra le specie batteriche
  • strategie preventive per evitare ricadute o problemi futuri

Ci sono diversi modi per agire sulla composizione del microbiota intestinale, modulandolo:

  1. Dieta: l’alimentazione riesce a favorire o sfavorire lo sviluppo di batteri benefici per l’intestino, ma non solo; con la dieta si riesce a modulare l’intero microbiota umano, anche in distretti corporei lontani dall’area intestinale;
  2. Apporto per via orale di probiotici e/o prebiotici (terapia probiotica correttiva e personalizzata)

I progressi nelle tecnologie di sequenziamento degli ultimi 20 anni, dalla pubblicazione dei risultati del Progetto Genoma Umano (data di completamento 2003), alla nascita di una nuova disciplina bioinformatica, hanno permesso alla comunità scientifica di iniziare ad indagare i microbi che popolano i vari ecosistemi del pianeta (i nostri oceani, il suolo, il corpo umano etc..).

Il microbiota intestinale è il sistema di microrganismi nel sistema gastrointestinale di una persona. Ciò include molti batteri, funghi, virus e altri organismi. Il microbiota intestinale esiste in modo simbiotico all’interno del sistema digestivo umano e aiuta a supportare la raccolta di energia, la digestione e la difesa immunitaria.
La nostra conoscenza di queste comunità microbiche e del loro patrimonio genetico, a cui si fa riferimento collettivamente con il termine microbioma umano, è stata fino ad ora limitata dalla carenza di dati scientifici sul tema, capaci solo limitatamente di estrapolare informazioni sulla composizione e funzione di un’intera popolazione microbica nel contesto di studio. Tuttavia, recentemente, è nato il Progetto Microbioma Umano (dall’inglese Human Microbiome Project o HMP) finanziato dagli Stati Uniti, dagli Istituti di Sanità Nazionale o National Institutes of Health (NIH) il cui scopo è di catalogare ed analizzare un’ampia raccolta di lavori scientifici per esplorare le comunità microbiche associate all’uomo, in popolazioni sane o malate, associate a condizioni cliniche disbiotiche, in cui l’equilibrio tra le forme batteriche commensali viene perso (The Human Microbiome Project Consortium, 2012).

Il corpo umano ospita trilioni di microbi o batteri. La maggior parte di questi sono utili ma possono diventare dannosi se sbilanciati. Ogni essere umano ospita tra 10 trilioni e 100 trilioni di cellule microbiche in una relazione simbiotica. Alcune ricerche stimano che ci siano circa 10 volte più cellule microbiche nel corpo rispetto alle cellule umane, mentre altri scienziati affermano che il rapporto è più vicino a 1:1.
Questa relazione simbiotica avvantaggia i microbi e i loro ospiti finché il corpo è in uno stato sano. Le stime variano, ma potrebbero esserci oltre 1.000 diverse specie di microrganismi che compongono il microbiota umano (fino a 2kg di peso corporeo!).
Le persone usano spesso i due termini microbiota e microbioma in modo intercambiabile. Tuttavia, questo non è corretto.

Alcune delle definizioni appropriate le trovate nella BOX di seguito:

Con il termine Microbioma Umano si intende l’insieme di microrganismi (il microbiota) che convivono con gli esseri umani (rivestendo la loro superficie, mucose e colonizzando gli organi interni), e la raccolta di genomi microbici che contribuiscono al più ampio ritratto genetico, o metagenoma, di un essere umano. I genomi che costituiscono il microbioma umano rappresentano una gamma notevolmente diversificata di microrganismi che vede protagonisti batteri, archaea (organismi unicellulari primitivi), funghi, alcuni protozoi e virus (entità non dotate di vita autonoma). Il microbiota quindi vede l’insieme di comunità ecologiche di microrganismi commensali, simbiotici e patogeni presenti a più livelli nelle forme di vita a complessità superiore, multicellulare, come piante ed animali (uomo incluso).

Il microbiota è costituito da un’ampia varietà di batteri, virus, funghi e altri microrganismi presenti in un ambiente singolare, come il tubo digerente umano, ma non solo. Troviamo comunità batteriche in ogni nostra mucosa, nel cavo orale, nell’area vulvare, nella vescica urinaria, nella prostata, nei nostri polmoni ed l’intero tratto respiratorio, ed infine sulla nostra pelle, a rivestire l’intera superficie corporea come un manto protettivo e dinamico, in continua evoluzione. La composizione del microbiota umano può variare notevolmente tra le persone. Diverse parti del corpo ospiteranno anche diverse comunità microbiche. Non solo, le comunità microbiche che ci caratterizzano sono uniche, inequivocabili, come un’impronta digitale viscerale che ci contraddistingue da persona a persona.

Il microbiota intestinale assiste in una serie di funzioni corporee, tra cui:

  • assorbimento dell’energia dal cibo ingerito (completano i processi digestivi, facilitando l’assorbimento di vitamine e peptidi)
  • protezione contro gli agenti patogeni, tramite un importante effetto barriera con il muco naturalmente presente sui villi intestinali, dove albergano molti dei batteri del microbiota intestinale
  • regolazione della funzione immunitaria, attraverso il rilascio di batteriocine e peptidi antibatterici, oltre che garantire un corretto funzionamento della barriera intestinale
  • rafforzamento delle barriere biochimiche dell’intestino e delle giunzioni strette tra gli enterociti

I cambiamenti nella composizione del microbiota possono influenzare queste funzioni.

Mentre ci sono batteri benefici nell’intestino, ci sono anche batteri nocivi che possono entrare nel tratto gastrointestinale e causare infezioni, soprattutto se la barriera del muco di assottiglia, o se le giunzioni strette diventano più permeabili (leaky gut syndrome). Ci accorgiamo di questi eventi con classici fenomeni di diarrea, gastroenteriti, vomito etc… Tuttavia, possono esserci fenomeni infiammatori cronici, di basso grado, con i quali conviviamo da tempo (intestino irritabile, stipsi, diverticolite, reflusso gastroesofageo…) che hanno molto a che vedere con la perdita della corretta funzionalità de microbiota, ma non ce ne siamo mai resi conto, possibilmente!

Perchè il microbiota umano è importante?

Oggi si sa, grazie alla ricerca scientifica, che i batteri intestinali ed in generale l’intero MICROBIOTA UMANO giocano un ruolo fondamentale nell’eziopatogenesi di diverse complicazioni sul nostro stato di salute, tra cui molte malattie autoimmuni, infiammatorie, neurologiche e dermatologiche, che spesso non consideriamo possano avere un link con il nostro intestino, ma che invece hanno un’origine latente, nel nostro apparato gastrointestinale (asse intestino-pelle; asse intestino-cervello etc…) Tra i disturbi correlati ad un microbiota disbiotico, in cui si raccomanda un approfondimento sullo stato del microbiota attraverso un test del microbiota intestinale, troviamo:
  • asma
  • disturbo dello spettro autistico
  • cancro
  • celiachia
  • diabete
  • eczema
  • cardiopatia
  • malnutrizione
  • sclerosi multipla
  • obesità
  • psoriasi
  • intolleranze alimentari
  • malattia renale cronica
  • fibromialgia
  • vaginosi batteriche
  • parodontopatie e malattie del cavo orale 
  • ansia, depressione
  • sindrome dello spettro autistico
Oltre ad assorbire energia dal cibo, quindi, i microbi intestinali sono essenziali per aiutare gli esseri umani ad assorbire i nutrienti. I batteri intestinali aiutano il corpo a scomporre le molecole complesse nelle carni e nelle verdure, ad esempio. Senza l’aiuto dei batteri intestinali, il corpo non può digerire la cellulosa vegetale, la quale resterebbe indigesta e solo contribuirebbe ad aumentare il volume fecale. I microbi intestinali possono anche usare le loro attività metaboliche per influenzare il desiderio di cibo e la sensazione di sazietà. Possono interferire con gli ormoni responsabili del senso di sazietà e di fame (leptina e grelina rispettivamente), grazie al rilascio di peptidi ad azione simil-ormonale e che risalendo il nervo vago riescono a raggiungere il cervello, secondo l’asse intestino-cervello (ex: glucagon-like peptide 1 (GLP-1) da parte del propionato, acido grasso a corta catena o SCFA, prodotto dai Bacteroidetes).

La diversità della dieta di una persona influisce sulla diversità del loro intestino, così come lo stile di vita, le ore di sonno, l’attività fisica e la socializzazione. Lo stato del microbiota intestinale ha anche collegamenti con la sindrome metabolica. Modificare la dieta includendo prebiotici, probiotici e altri integratori può ridurre questi fattori di rischio.

La ricerca suggerisce che le popolazioni batteriche nel sistema gastrointestinale svolgono un ruolo nello sviluppo di condizioni intestinali, comprese le malattie infiammatorie intestinali (IBD), come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. La bassa diversità microbica nell’intestino ha anche legami con l’obesità e il diabete di tipo 2, situazione in cui aumenta la presenza di lipopolisaccaridi circolanti (LPS), la Gram negatività (aumento di Proteobatteri e Bacteroidetes), la zonulina circolante, l’IL-6 ed in TNF-alpha (infiammazione cronica o endotossiemia metabolica). Tutti questi marcatori di infiamamzione e di sindrome della permeabilità intestinale possono essere analizzati attraverso campioni fecali o sanguigni, a completamento del test del microbiota intestinale.

Disturbare il microbiota con gli antibiotici può anche portare a malattie, comprese infezioni che diventano resistenti agli antibiotici. Una terapia con antibiotici riduce la qualità e la quantità del microbiota da qualche giorno a qualche settimana, cosa che richiede almeno 12 settimane di trattamento probiotico per ripristinare una flora batterica eubiotica.

Secondo le linee guida ministeriali (Ministero della Salute),  Il termine probiotico è riservato a quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo.

Per alimenti/integratori con probiotici si intendono quegli alimenti che contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere l’intestino, moltiplicarsi ed esercitare un’azione di equilibrio sulla microflora intestinale mediante colonizzazione diretta. Si tratta quindi di alimenti in grado di promuovere e migliorare le funzioni di equilibrio fisiologico dell’organismo attraverso un insieme di effetti aggiuntivi rispetto alle normali attività nutrizionali.

La definizione di prebiotico è riservata alle sostanze non digeribili di origine alimentare che, assunte in quantità adeguata, favoriscono selettivamente la crescita e l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale o assunti insieme al prebiotico.

Con alimenti/integratori con prebiotici ci si riferisce a quegli alimenti che contengono in quantità adeguata, molecole prebiotiche in grado di promuovere lo sviluppo di gruppi batterici utili all’uomo.

Un alimento/integratore con simbiotico contiene sia probiotici che prebiotici.



Dieta e Microbiota Intestinale

L’interazione tra la dieta e il microbiota intestinale è biunivoca. Se da un lato il microbiota digerisce i nutrienti introdotti attraverso il cibo, dall’altro ciò che mangiamo può avere un forte impatto sulla composizione del microbiota intestinale.Numerosi studi scientifici, su modelli animali e su uomo, hanno dimostrato che qualsiasi modulazione nel tipo di dieta porta con sé un cambiamento nella composizione del microbiota intestinale.

In soggetti sani una dieta bilanciata può assicurare la formazione di un buon microbiota, in cui tutte le specie di microrganismi vivono in un sistema in equilibro.

È stato dimostrato che una dieta secondo lo stile Mediterraneo, ricca in fibre, carboidrati non raffinati, legumi, pesce e olio extra vergine di oliva, contribuisce a favorire un microbiota eubiotico, sano. I grassi saturi, rappresentati da un elevato consumo di carne rossa e carboidrati raffinati, modificano profondamente la struttura e le funzioni del microbiota intestinale, causando disbiosi. Molto dipende dal metabolismo secondario dei batteri che tenderanno a creare dei consorzi differenti a seconda del carico di bile che si riversa nell’intestino, del pH, della disponibilità di zuccheri o proteine come materiale da fermentare. Questo fenomeno innesca processi infiammatori, che possono avere un effetto diretto sul sistema immunitario. La disbiosi sembra essere una caratteristica comune di numerose condizioni patologiche, tra cui obesità, malattie cardiovascolari e cancro.

I soggetti che adottano un modello di dieta mediterranea sembrano avere una maggiore produzione di acidi grassi a corta catena o SCFAS come acetato, butirrato e propionato, ed un maggior grado di diversità (alpha biodiversity) tra le popolazioni microbiche, rispetto a coloro che adottano una dieta occidentalizzata a base di grassi d’origine animale. Per questo, la composizione del microbiota di chi segue una dieta mediterranea sembra essere più favorevole alla prevenzione di patologie cardio-metaboliche, obesità, diabete e malattie neurodegenerative.

 (Nutrients 2020 Dec 22;13(1):7. doi: 10.3390/nu13010007.)

 
ll test del microbiota permette una valutazione della composizione e dell’equilibrio del microbiota intestinale: non può essere considerato un test diagnostico e non sostituisce una diagnosi medica, ma si affianca a degli eventuali esami clinici prescritti dal medico curante a completamento dell’indagine medica in corso.