LO STRESS CHE CI FA VIVERE A LUNGO

Come lo stress, se lieve e controllato, favorisce una vita più lunga… scopriamo insieme la medicina basata sull’ormesi!

Vi siete mai chiesti perché mangiare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno faccia bene alla salute? Perché l’attività fisica sia così importante per una vita sana? Perché la restrizione calorica favorisca una vita più lunga de il digiuno sembri avere diversi benefici se fatto in maniera controllata? Esistono dei legami tra questi fattori, che seppur molto diversi tra loro, procurano reazioni simili nel nostro organismo.

Tutto sembra spiegarsi con un riferimento alla biologia evolutiva, al lieve stress procurato nel nostro corpo dall’esercizio fisico o dal digiuno, qualcosa di naturale nella nostra vita primitiva, nell’età della pietra, quando l’uomo viveva di sola caccia ed era abituato al nomadismo. Lo stile di vita imposto dalla caccia e dalla convivenza con animali feroci e di grossa taglia favoriva livelli di stress cronico con alto rilascio di cortisolo e catecolamine, adattamento alla corsa e alla lotta fisica. Questo naturale richiamo all’attività fisica, cosa a cui siamo naturalmente ed istintivamente predisposti come primati (forse un po’ troppo grassocci e abituati alle comodità come ci ricorda Lieberman) si traduce oggi in frenetici abbonamenti a centri sportivi, business strategico in questo senso, e partecipazione a gare o competizioni sempre più intense, oltre che alla ricerca di stili di vita estremi, che includono sempre più spesso pratiche di digiuno. Cosa significa? Che inconsciamente dobbiamo reintrodurre un fattore di stress lieve ma costante che faccia bene al nostro corpo.

Per non parlare di frutta e verdura, che oltre a nutrienti e antiossidanti che fanno bene alla nostra salute, sono delle vere e proprie fonti di VELENI BUONI e necessari!!! Perché usiamo il termine veleno? Eh sì, li chiamiamo polifenoli, ma non sono altro che metaboliti secondari che le piante rilasciano per difendersi dai parassiti e dagli stress climatici ed ambientali della zona in cui prosperano. Sono molecole ad azione protettiva, le cui basse concentrazioni sono benefiche per l’uomo e gli animali che si nutrono di frutti, foglie, tuberi e radici delle piante, ma che a concentrazioni molto più elevate possono essere tossiche e letali! Questa doppia natura, bifasica, altro non è che una risposta adattativa, che prende il nome di ormesi. La xenoormesi  definisce invece un vantaggio evolutivo indotto da metaboliti secondari delle piante che possono passare da una specie all’altra, in modo trasversale, procurando benefici simili o amplificati sull’ospite finale.

L’ormesi descrive una risposta biologica favorevole, ma apparentemente paradossale, all’esposizione a bassi livelli di tossine e fattori di stress microbici o di altro tipo. Il fattore di stress a bassa dose, biologico o chimico, può innescare una risposta in un organismo opposta a quella procurata con una dose molto alta dello stesso fattore stressogeno. Questo è il motivo per cui le sostanze fitochimiche, presenti nelle piante a basse concentrazioni, una volta trasmesse agli esseri umani, possono produrre una risposta benefica in maniera molto simile a quello che accade nella pianta stessa. Quando le piante sono stressate da condizioni ambientali avverse iniziano ad aumentare la produzione di molecole di difesa, come il resveratrolo nei vinaccioli, i secoiridoidi nell’olio extra vergine di oliva, meglio conosciute come molecole antiossidanti dalla maggior parte di noi. Queste molecole sono veicoli di messaggi dalle piante agli animali in modo che possano, a loro volta, sviluppare difese per proteggersi da un generale stress ambientale o microbico. Il messaggio potrebbe ad esempio comunicare il rischio di un periodo di scarsità di cibo (carestia imminente) e gli animali che si nutrono di queste piante apparentemente “lo captano” e sembrano essere in grado di preparare le proprie difese corporee per far fronte ai tempi di magra. Questo meccanismo, spiegato nell’infografica, dà anche ragione di come alcune molecole come i polifenoli vegetali possano essere implicati in pathway di longevità, mediati dai geni delle SIRTUINE e dall’AMPK. Lo stato di restrizione calorica è l’unico stato che sappiamo contribuire alla longevità promuovendo l’attivazione di geni e proteine sirtuine come SIRT1 e SIRT2. Alcuni dei polifenoli più studiati, come il resveratrolo o la quercetina, possono infatti agire come mimetici della restrizione calorica negli animali, favorendo così le vie della longevità mediate dalle sirtuine, con gli stessi effetti benefici associati alla restrizione calorica.

Benefici della restrizione calorica negli esseri umani: benefici di un sano digiuno

Nel 3800 aC, un’iscrizione trovata nelle piramidi egizie afferma che: “Gli uomini possono vivere con un quarto di ciò che mangiano; con gli altri tre quarti vivono i medici”

È sorprendente come i medici antichi, agli albori della civiltà, stabilissero già una connessione empirica tra dieta, apporto calorico e salute-longevità, nell’uomo! Non riuscivano a capire i meccanismi ma avevano colto il punto perfettamente. Possiamo controllare la durata della nostra vita attraverso la dieta ed uno stile di vita corretto.

Nell’uomo, i benefici delle restrizioni caloriche non si limitano al sistema cardiovascolare (miglioramento della pressione sanguigna, del colesterolo nel sangue, delle placche aterosclerotiche nelle arterie e dell’irrigidimento dei vasi), ma si estendono ad un’ampia gamma di fattori legati alla progressione del cancro e all’invecchiamento. Alcuni studi clinici hanno confermato che nelle persone che si alimentavano con una dieta ipocalorica, così come negli animali sottoposti a dieta ipocalorica, il livello di insulina nel sangue, l’IFG-1 libero, l’estradiolo, il testosterone, l’ormone T3 erano bassi, mentre l’adiponectina e il cortisolo erano alti (Fontana et al. al., 2016; Cangemi et al., 2010; Hofer et al., 2008). Alcuni altri studi hanno riportato una drastica riduzione dei marcatori infiammatori e dello stress ossidativo (Meydani et al., 2016). A livello cellulare sono stati segnalati miglioramenti significativi, come mostrato nell’infografica, quali ad esempio:

  •  inibizione di molteplici vie infiammatorie;
  • attivazione dell’autofagia, un meccanismo che aiuta a riciclare detriti molecolari e rimuovere residui metabolici tossici, proteine con folding non funzionale e organelli inutili e danneggiati;
  • protezione dallo stress ossidativo mediante stimolazione degli enzimi endogeni antiossidanti-protettivi;
  • aumento dell’espressione di geni che riparano il DNA danneggiato e i telomeri (sovraespressione della via ALT o “allungamento alternativo dei telomeri” mediato da SIRT1) (Short, 2010);
  • drastica riduzione dei marker cellulari di senescenza.

Un regime di digiuno sano può innescare diversi benefici agendo come un lieve stress cronico o un agente ormetico. Va oltre la perdita di peso poiché anche le persone magre possono trarre beneficio dal digiuno se solo per alcuni giorni al mese. In alcuni casi si risolve praticando il digiuno intermittente, o la dieta 5:2 (cinque giorni mangiando normalmente e due giorni con calorie limitate a 500 Cal ciascuno circa) per un massimo di 30 giorni, una volta o due volte l’anno. Gli animali tenuti a un regime di digiuno intermittente o calorie ridotte (non più del -25% di dieta ipocalorica) diventano più resistenti a un’ampia gamma di stress come lo stress ossidativo, l’infiammazione cronica o acuta, le radiazioni, l’esposizione al caldo o al freddo… (de Cabo & Mattson, 2019). 

Il digiuno aumenta il livello del fattore neurotrofico di origine cerebrale o BDNF, una proteina che favorisce la crescita e la sopravvivenza delle cellule nervose, conferendo così conseguenze benefiche sulla nostra attività cerebrale, concentrazione e veglia. Il digiuno supporta l’attività cerebrale e la formazione di sinapsi, allo stesso modo dell’esercizio, attraverso l’ormesi. Il digiuno agisce su più organi, inclusi muscoli, reti di cellule nervose, fegato e cellule adipose, quest’ultime particolarmente coinvolte durante l’esercizio. Numerose molecole di segnalazione vengono rilasciate nel sangue in risposta alle sfide ambientali e funzionano per coordinare le risposte ormetiche di vari organi. Il cervello svolge un ruolo importante nelle risposte adattative a un’ampia gamma di esposizioni ormetiche, mediando la connettività sinaptica in vari momenti, nell’apprendimento e nella memoria, nello sport, agendo sulla forma fisica e sulla sopravvivenza in condizioni ambientali difficili (Calabrese e Mattson, 2017). Come suggerito dal dott. Fontana, per stimolare il digiuno sarebbe opportuno evitare proteine animali, cereali o frutta per ridurre drasticamente l’insulina/IGF-1/mTOR, la quale è coinvolta nella crescita anabolica dei tessuti e nello sviluppo tardivo del cancro (Fontana, Pernice e Longo 2010).

È possibile controllare l’apporto calorico senza conteggio delle calorie?

Si possono mettere in pratica semplici consigli quotidiani per controllare l’apporto calorico e farlo con scelte di alimenti di alta qualità e responsabili. Questi sono i suggerimenti:

  1. Lasciare la tavola quando si è pieni all’80%. Ciò significa che smettiamo di mangiare prima di sentirci sazi, consapevolmente;
  2. Mangiare il cibo lentamente, con il tempo. Aiuta a sentirsi sazi più velocemente, a concentrarsi sul sapore e sulla consistenza del cibo, a rilassarsi, a prendere contatto con i propri commensali, amici o familiari, vivere il momento con socialità e spiritualità. Le persone che mangiano troppo velocemente consumano troppe calorie prima di rendersi conto di averne assunte abbastanza.
  3. Consumare la maggior parte del cibo entro un periodo ristretto della giornata, meglio se iniziando dalla mattina presto, e finendo nelle prime 8-10 ore della giornata. Bisogna pensare che solo di recente, uomini e animali hanno avuto accesso al cibo, costantemente, in maniera incondizionata. Durante l’evoluzione, come detto in precedenza, eravamo abituati a mangiare ad intermittenza. Per molti organismi, lunghi periodi di digiuno sono normalmente e facilmente accessibili; di conseguenza, molti hanno evoluto forme di inattività o quiescenza in risposta all’insorgere della carenza di cibo (basti pensare agli animali in letargo o alle spore batteriche o fungine). È interessante notare che molti dei geni che controllano la quiescenza sono anche coinvolti nel controllo della longevità (Baugh, 2013)
  4. Sostituire cibi raffinati e processati con cibi sani, di origine vegetale (proponiamo la Dieta Mediterranea come modello o guida di dieta). Gli alimenti ricchi di fibre naturali come verdure, cereali integrali e legumi inducono una precoce sensazione di soddisfazione o sazietà a causa del più lento svuotamento gastrico e del transito intestinale, e forniscono vitamine, minerali e fitocomposti essenziali per la nostra salute. È davvero importante migliorare la nostra dieta con cibi di qualità ed eliminare prodotti trasformati, raffinati, tossici e poveri di nutrienti, con alta concentrazione di additivi alimentari, zuccheri aggiunti e/o sale, grassi saturi e trans.

L’importanza dell’esercizio come agente ormetico

Secondo la teoria dello stress proposta da Selye, (1957), la risposta generata a un fattore di stress cronico può essere principalmente suddivisa in tre fasi: diminuzione dell’allarme, aumento della resistenza ed esaurimento.

Mentre gli esercizi di lunga durata (18-24 ore continue) sono associati a un esaurimento grave e deleterio (a meno che non ci sia abituato come atleta), un normale regime di esercizio suscita effettivamente la risposta adattativa attraverso la moderazione controllata del rilascio di radicali liberi (Radak et al. , 2008).

In un regime normale, ogni sessione di esercizi è seguita da una fase di riposo, in cui il corpo è autorizzato a far fronte allo stress e successivamente si adatta. Durante l’esercizio fisico regolare, la sovraregolazione di NFκB-dipendente, mediata da ROS, dei geni della superossido dismutasi (SOD) e della glutatione perossidasi, difende dallo stress ossidativo. Inoltre, diversi geni coinvolti nel metabolismo e nella biogenesi mitocondriale (recettore-γ/-δ attivato dal proliferatore dei perossisomi (PPAR-γ/-δ), recettore IL-6, FOXO1, fattore di regolazione dell’interferone 1 (IRF1), metallotioneine, vengono sovraregolati, ed aumentano così la risposta adattativa del corpo all’esercizio (Mahoney et al., 2005). 

Mentre i ROS in generale rimangono una delle ragioni fondamentali per la maggior parte delle complicazioni, lesioni e patologie nel lungo periodo, l’esposizione a loro volumi più bassi tende ad essere beneficiosa. Questo si correla anche da un’altra sottocategoria di ormesi, definita mitoormesi, in cui i volumi subletali di specie mitocondriali reattive dell’ossigeno (mtROS) risultano favorire la longevità (Sohal e Orr, 2012). I ROS sono fondamentali per i meccanismi di trasduzione del segnale, per la regolazione genica e la regolazione redox, il che implica che la loro completa eliminazione sarebbe dannosa e controproducente. Più specificamente, e concentrandosi esclusivamente sulla formazione di ROS mitocondriali, in relazione alla mitoormesi, uno studio su C. elegans ha scoperto che l’inibizione chimica del complesso I della catena mitocondriale di trasporto degli elettroni agiva come un mimetico della restrizione calorica, allo stesso modo che un aumento dell’ attività fisica, favorendo una maggiore durata della vita. Inoltre, è stato dimostrato che gli inibitori del complesso I estendono la durata della vita indipendentemente dalle sirtuine e dall’AMPK, ma hanno solo bisogno di un aumento transitorio di ROS per attivare la p38 MAP chinasi e NRF2 neuronale, suggerendo che la restrizione calorica estende la durata della vita in modi multipli e diversi, anche inducendo la formazione e rilascio di radicali liberi (Schmeisser et al. 2013).

Tornando all’esercizio come un lieve fattore di stress, esiste una relazione a forma di U tra attività fisica e salute, con persone sedentarie a un’estremità della curva e grandi volumi di esercizio di alta resistenza ed intensità, all’altra. Entrambe le estremità della curva risultano pericolose e possono aumentare il rischio cardiovascolare. Le persone sane che eseguono esercizi aerobici di intensità da bassa a moderata (frequenza cardiaca tra il 55-70% della capacità massima) sperimentano un rischio inferiore e ricevono al contrario un beneficio metabolico più elevato. Alcuni studi hanno confermato che piccole dosi da cinque a dieci minuti/giorno di esercizio ad alta intensità sono generalmente sufficienti, mentre estendere ulteriormente l’allenamento ad alta intensità non induce alcun beneficio aggiuntivo, al contrario, in alcune persone può causare danni irreversibili. Secondo il principio dell’ormesi, designato da “stimolazione a basso dosaggio e inibizione ad alto dosaggio”, dosi più elevate di un insulto o di un fattore stressante come l’attività fisica potrebbero essere considerate dannose mentre piccole dosi della stessa possono effettivamente favorire la salute, governata da crescita, sviluppo e longevità. Quindi, quanto esercizio dovremmo raccomandare? Secondo il rapporto scientifico del comitato consultivo delle linee guida sull’attività fisica del 2018, per ottenere significativi benefici per la salute dovremmo intraprendere almeno 150-300 minuti a settimana di intensità moderata o 70-150 minuti a settimana di esercizio fisico aerobico di intensità vigorosa. Si raccomanda anche una buona combinazione di allenamento aerobico di intensità moderata e vigorosa durante la settimana. Le attività di forza e potenza muscolare, di intensità moderata o maggiore, che coinvolgono tutti i principali distretti muscolari, dovrebbero essere programmate per uno o più giorni alla settimana, con dei professionisti dello sport alla guida delle sessioni.

Possiamo allenare il nostro corpo alle sfide ormetiche e come? Cos’è la medicina a base di ormesi?

Buone notizie, perché sì, possiamo!

Come detto in precedenza, qualsiasi squilibrio nell’omeostasi causato da stress intermittenti, lievi e fisiologici può essere spiegato attraverso l’ormesi. Ad esempio, è stato riportato che piccoli episodi di lieve ischemia, indicati come precondizionamento ischemico (IPC), proteggono il cervello da una futura grave deplezione di sangue e, quindi, di ossigeno (Martins et al., 2011). Allo stesso modo, è stato scoperto che una lieve restrizione calorica in diversi animali è associata alla protezione contro diverse forme di cancro (Bhakta-Guha e Efferth, 2015). Mentre la restrizione calorica estrema potrebbe tradursi in malnutrizione, la restrizione lieve, al contrario, evoca una risposta adattativa che difende un individuo dal cancro e da altre patologie degenerative, come le malattie neurodegenerative e geriatriche… Inoltre, i segnali ormetici provenienti da un tessuto sotto stress possono essere trasferiti a tessuti distanti, fenomeno generico denominato “condizionamento a distanza”, del tutto simile ad una risposta endocrina fisiologica. Il pre, il post ed il condizionamento a distanza sono un’area promettente di indagine medica come manifestazione dell’ormesi.

Per diversi decenni si è creduto che il dosaggio dei farmaci seguisse uno schema lineare, generando un’enorme inconsapevolezza nell’interpretazione delle risposte nella zona a basso dosaggio. Tuttavia, negli ultimi anni, diversi studi hanno mostrato una risposta inversa a diverse dosi di farmaco nello stesso indivi

Come lo stress, se lieve e controllato, favorisce una vita più lunga… scopriamo insieme la medicina basata sull’ormesi!

Vi siete mai chiesti perché mangiare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno faccia bene alla salute? Perché l’attività fisica sia così importante per una vita sana? Perché la restrizione calorica favorisca una vita più lunga de il digiuno sembri avere diversi benefici se fatto in maniera controllata? Esistono dei legami tra questi fattori, che seppur molto diversi tra loro, procurano reazioni simili nel nostro organismo.

Tutto sembra spiegarsi con un riferimento alla biologia evolutiva, al lieve stress procurato nel nostro corpo dall’esercizio fisico o dal digiuno, qualcosa di naturale nella nostra vita primitiva, nell’età della pietra, quando l’uomo viveva di sola caccia ed era abituato al nomadismo. Lo stile di vita imposto dalla caccia e dalla convivenza con animali feroci e di grossa taglia favoriva livelli di stress cronico con alto rilascio di cortisolo e catecolamine, adattamento alla corsa e alla lotta fisica. Questo naturale richiamo all’attività fisica, cosa a cui siamo naturalmente ed istintivamente predisposti come primati (forse un po’ troppo grassocci e abituati alle comodità come ci ricorda Lieberman) si traduce oggi in frenetici abbonamenti a centri sportivi, business strategico in questo senso, e partecipazione a gare o competizioni sempre più intense, oltre che alla ricerca di stili di vita estremi, che includono sempre più spesso pratiche di digiuno. Cosa significa? Che inconsciamente dobbiamo reintrodurre un fattore di stress lieve ma costante che faccia bene al nostro corpo.

Per non parlare di frutta e verdura, che oltre a nutrienti e antiossidanti che fanno bene alla nostra salute, sono delle vere e proprie fonti di VELENI BUONI e necessari!!! Perché usiamo il termine veleno? Eh sì, li chiamiamo polifenoli, ma non sono altro che metaboliti secondari che le piante rilasciano per difendersi dai parassiti e dagli stress climatici ed ambientali della zona in cui prosperano. Sono molecole ad azione protettiva, le cui basse concentrazioni sono benefiche per l’uomo e gli animali che si nutrono di frutti, foglie, tuberi e radici delle piante, ma che a concentrazioni molto più elevate possono essere tossiche e letali! Questa doppia natura, bifasica, altro non è che una risposta adattativa, che prende il nome di ormesi. La xenoormesi  definisce invece un vantaggio evolutivo indotto da metaboliti secondari delle piante che possono passare da una specie all’altra, in modo trasversale, procurando benefici simili o amplificati sull’ospite finale.

L’ormesi descrive una risposta biologica favorevole, ma apparentemente paradossale, all’esposizione a bassi livelli di tossine e fattori di stress microbici o di altro tipo. Il fattore di stress a bassa dose, biologico o chimico, può innescare una risposta in un organismo opposta a quella procurata con una dose molto alta dello stesso fattore stressogeno. Questo è il motivo per cui le sostanze fitochimiche, presenti nelle piante a basse concentrazioni, una volta trasmesse agli esseri umani, possono produrre una risposta benefica in maniera molto simile a quello che accade nella pianta stessa. Quando le piante sono stressate da condizioni ambientali avverse iniziano ad aumentare la produzione di molecole di difesa, come il resveratrolo nei vinaccioli, i secoiridoidi nell’olio extra vergine di oliva, meglio conosciute come molecole antiossidanti dalla maggior parte di noi. Queste molecole sono veicoli di messaggi dalle piante agli animali in modo che possano, a loro volta, sviluppare difese per proteggersi da un generale stress ambientale o microbico. Il messaggio potrebbe ad esempio comunicare il rischio di un periodo di scarsità di cibo (carestia imminente) e gli animali che si nutrono di queste piante apparentemente “lo captano” e sembrano essere in grado di preparare le proprie difese corporee per far fronte ai tempi di magra. Questo meccanismo, spiegato nell’infografica, dà anche ragione di come alcune molecole come i polifenoli vegetali possano essere implicati in pathway di longevità, mediati dai geni delle SIRTUINE e dall’AMPK. Lo stato di restrizione calorica è l’unico stato che sappiamo contribuire alla longevità promuovendo l’attivazione di geni e proteine sirtuine come SIRT1 e SIRT2. Alcuni dei polifenoli più studiati, come il resveratrolo o la quercetina, possono infatti agire come mimetici della restrizione calorica negli animali, favorendo così le vie della longevità mediate dalle sirtuine, con gli stessi effetti benefici associati alla restrizione calorica.

Benefici della restrizione calorica negli esseri umani: benefici di un sano digiuno

Nel 3800 aC, un’iscrizione trovata nelle piramidi egizie afferma che: “Gli uomini possono vivere con un quarto di ciò che mangiano; con gli altri tre quarti vivono i medici”

È sorprendente come i medici antichi, agli albori della civiltà, stabilissero già una connessione empirica tra dieta, apporto calorico e salute-longevità, nell’uomo! Non riuscivano a capire i meccanismi ma avevano colto il punto perfettamente. Possiamo controllare la durata della nostra vita attraverso la dieta ed uno stile di vita corretto.

Nell’uomo, i benefici delle restrizioni caloriche non si limitano al sistema cardiovascolare (miglioramento della pressione sanguigna, del colesterolo nel sangue, delle placche aterosclerotiche nelle arterie e dell’irrigidimento dei vasi), ma si estendono ad un’ampia gamma di fattori legati alla progressione del cancro e all’invecchiamento. Alcuni studi clinici hanno confermato che nelle persone che si alimentavano con una dieta ipocalorica, così come negli animali sottoposti a dieta ipocalorica, il livello di insulina nel sangue, l’IFG-1 libero, l’estradiolo, il testosterone, l’ormone T3 erano bassi, mentre l’adiponectina e il cortisolo erano alti (Fontana et al. al., 2016; Cangemi et al., 2010; Hofer et al., 2008). Alcuni altri studi hanno riportato una drastica riduzione dei marcatori infiammatori e dello stress ossidativo (Meydani et al., 2016). A livello cellulare sono stati segnalati miglioramenti significativi, come mostrato nell’infografica, quali ad esempio:

  • inibizione di molteplici vie infiammatorie;
  • attivazione dell’autofagia, un meccanismo che aiuta a riciclare detriti molecolari e rimuovere residui metabolici tossici, proteine con folding non funzionale e organelli inutili e danneggiati;
  • protezione dallo stress ossidativo mediante stimolazione degli enzimi endogeni antiossidanti-protettivi;
  • aumento dell’espressione di geni che riparano il DNA danneggiato e i telomeri (sovraespressione della via ALT o “allungamento alternativo dei telomeri” mediato da SIRT1) (Short, 2010);
  • drastica riduzione dei marker cellulari di senescenza.

Un regime di digiuno sano può innescare diversi benefici agendo come un lieve stress cronico o un agente ormetico. Va oltre la perdita di peso poiché anche le persone magre possono trarre beneficio dal digiuno se solo per alcuni giorni al mese. In alcuni casi si risolve praticando il digiuno intermittente, o la dieta 5:2 (cinque giorni mangiando normalmente e due giorni con calorie limitate a 500 Cal ciascuno circa) per un massimo di 30 giorni, una volta o due volte l’anno. Gli animali tenuti a un regime di digiuno intermittente o calorie ridotte (non più del -25% di dieta ipocalorica) diventano più resistenti a un’ampia gamma di stress come lo stress ossidativo, l’infiammazione cronica o acuta, le radiazioni, l’esposizione al caldo o al freddo… (de Cabo & Mattson, 2019). 

Il digiuno aumenta il livello del fattore neurotrofico di origine cerebrale o BDNF, una proteina che favorisce la crescita e la sopravvivenza delle cellule nervose, conferendo così conseguenze benefiche sulla nostra attività cerebrale, concentrazione e veglia. Il digiuno supporta l’attività cerebrale e la formazione di sinapsi, allo stesso modo dell’esercizio, attraverso l’ormesi. Il digiuno agisce su più organi, inclusi muscoli, reti di cellule nervose, fegato e cellule adipose, quest’ultime particolarmente coinvolte durante l’esercizio. Numerose molecole di segnalazione vengono rilasciate nel sangue in risposta alle sfide ambientali e funzionano per coordinare le risposte ormetiche di vari organi. Il cervello svolge un ruolo importante nelle risposte adattative a un’ampia gamma di esposizioni ormetiche, mediando la connettività sinaptica in vari momenti, nell’apprendimento e nella memoria, nello sport, agendo sulla forma fisica e sulla sopravvivenza in condizioni ambientali difficili (Calabrese e Mattson, 2017). Come suggerito dal dott. Fontana, per stimolare il digiuno sarebbe opportuno evitare proteine animali, cereali o frutta per ridurre drasticamente l’insulina/IGF-1/mTOR, la quale è coinvolta nella crescita anabolica dei tessuti e nello sviluppo tardivo del cancro (Fontana, Pernice e Longo 2010).

È possibile controllare l’apporto calorico senza conteggio delle calorie?

Si possono mettere in pratica semplici consigli quotidiani per controllare l’apporto calorico e farlo con scelte di alimenti di alta qualità e responsabili. Questi sono i suggerimenti:

  1.  Lasciare la tavola quando si è pieni all’80%. Ciò significa che smettiamo di mangiare prima di sentirci sazi, consapevolmente;
  2. Mangiare il cibo lentamente, con il tempo. Aiuta a sentirsi sazi più velocemente, a concentrarsi sul sapore e sulla consistenza del cibo, a rilassarsi, a prendere contatto con i propri commensali, amici o familiari, vivere il momento con socialità e spiritualità. Le persone che mangiano troppo velocemente consumano troppe calorie prima di rendersi conto di averne assunte abbastanza.
  3. Consumare la maggior parte del cibo entro un periodo ristretto della giornata, meglio se iniziando dalla mattina presto, e finendo nelle prime 8-10 ore della giornata. Bisogna pensare che solo di recente, uomini e animali hanno avuto accesso al cibo, costantemente, in maniera incondizionata. Durante l’evoluzione, come detto in precedenza, eravamo abituati a mangiare ad intermittenza. Per molti organismi, lunghi periodi di digiuno sono normalmente e facilmente accessibili; di conseguenza, molti hanno evoluto forme di inattività o quiescenza in risposta all’insorgere della carenza di cibo (basti pensare agli animali in letargo o alle spore batteriche o fungine). È interessante notare che molti dei geni che controllano la quiescenza sono anche coinvolti nel controllo della longevità (Baugh, 2013)
  4. Sostituire cibi raffinati e processati con cibi sani, di origine vegetale (proponiamo la Dieta Mediterranea come modello o guida di dieta). Gli alimenti ricchi di fibre naturali come verdure, cereali integrali e legumi inducono una precoce sensazione di soddisfazione o sazietà a causa del più lento svuotamento gastrico e del transito intestinale, e forniscono vitamine, minerali e fitocomposti essenziali per la nostra salute. È davvero importante migliorare la nostra dieta con cibi di qualità ed eliminare prodotti trasformati, raffinati, tossici e poveri di nutrienti, con alta concentrazione di additivi alimentari, zuccheri aggiunti e/o sale, grassi saturi e trans.

L’importanza dell’esercizio come agente ormetico

Secondo la teoria dello stress proposta da Selye, (1957), la risposta generata a un fattore di stress cronico può essere principalmente suddivisa in tre fasi: diminuzione dell’allarme, aumento della resistenza ed esaurimento.

Mentre gli esercizi di lunga durata (18-24 ore continue) sono associati a un esaurimento grave e deleterio (a meno che non ci sia abituato come atleta), un normale regime di esercizio suscita effettivamente la risposta adattativa attraverso la moderazione controllata del rilascio di radicali liberi (Radak et al. , 2008).

In un regime normale, ogni sessione di esercizi è seguita da una fase di riposo, in cui il corpo è autorizzato a far fronte allo stress e successivamente si adatta. Durante l’esercizio fisico regolare, la sovraregolazione di NFκB-dipendente, mediata da ROS, dei geni della superossido dismutasi (SOD) e della glutatione perossidasi, difende dallo stress ossidativo. Inoltre, diversi geni coinvolti nel metabolismo e nella biogenesi mitocondriale (recettore-γ/-δ attivato dal proliferatore dei perossisomi (PPAR-γ/-δ), recettore IL-6, FOXO1, fattore di regolazione dell’interferone 1 (IRF1), metallotioneine, vengono sovraregolati, ed aumentano così la risposta adattativa del corpo all’esercizio (Mahoney et al., 2005). 

Mentre i ROS in generale rimangono una delle ragioni fondamentali per la maggior parte delle complicazioni, lesioni e patologie nel lungo periodo, l’esposizione a loro volumi più bassi tende ad essere beneficiosa. Questo si correla anche da un’altra sottocategoria di ormesi, definita mitoormesi, in cui i volumi subletali di specie mitocondriali reattive dell’ossigeno (mtROS) risultano favorire la longevità (Sohal e Orr, 2012). I ROS sono fondamentali per i meccanismi di trasduzione del segnale, per la regolazione genica e la regolazione redox, il che implica che la loro completa eliminazione sarebbe dannosa e controproducente. Più specificamente, e concentrandosi esclusivamente sulla formazione di ROS mitocondriali, in relazione alla mitoormesi, uno studio su C. elegans ha scoperto che l’inibizione chimica del complesso I della catena mitocondriale di trasporto degli elettroni agiva come un mimetico della restrizione calorica, allo stesso modo che un aumento dell’ attività fisica, favorendo una maggiore durata della vita. Inoltre, è stato dimostrato che gli inibitori del complesso I estendono la durata della vita indipendentemente dalle sirtuine e dall’AMPK, ma hanno solo bisogno di un aumento transitorio di ROS per attivare la p38 MAP chinasi e NRF2 neuronale, suggerendo che la restrizione calorica estende la durata della vita in modi multipli e diversi, anche inducendo la formazione e rilascio di radicali liberi (Schmeisser et al. 2013).

Tornando all’esercizio come un lieve fattore di stress, esiste una relazione a forma di U tra attività fisica e salute, con persone sedentarie a un’estremità della curva e grandi volumi di esercizio di alta resistenza ed intensità, all’altra. Entrambe le estremità della curva risultano pericolose e possono aumentare il rischio cardiovascolare. Le persone sane che eseguono esercizi aerobici di intensità da bassa a moderata (frequenza cardiaca tra il 55-70% della capacità massima) sperimentano un rischio inferiore e ricevono al contrario un beneficio metabolico più elevato. Alcuni studi hanno confermato che piccole dosi da cinque a dieci minuti/giorno di esercizio ad alta intensità sono generalmente sufficienti, mentre estendere ulteriormente l’allenamento ad alta intensità non induce alcun beneficio aggiuntivo, al contrario, in alcune persone può causare danni irreversibili. Secondo il principio dell’ormesi, designato da “stimolazione a basso dosaggio e inibizione ad alto dosaggio”, dosi più elevate di un insulto o di un fattore stressante come l’attività fisica potrebbero essere considerate dannose mentre piccole dosi della stessa possono effettivamente favorire la salute, governata da crescita, sviluppo e longevità. Quindi, quanto esercizio dovremmo raccomandare? Secondo il rapporto scientifico del comitato consultivo delle linee guida sull’attività fisica del 2018, per ottenere significativi benefici per la salute dovremmo intraprendere almeno 150-300 minuti a settimana di intensità moderata o 70-150 minuti a settimana di esercizio fisico aerobico di intensità vigorosa. Si raccomanda anche una buona combinazione di allenamento aerobico di intensità moderata e vigorosa durante la settimana. Le attività di forza e potenza muscolare, di intensità moderata o maggiore, che coinvolgono tutti i principali distretti muscolari, dovrebbero essere programmate per uno o più giorni alla settimana, con dei professionisti dello sport alla guida delle sessioni.

Possiamo allenare il nostro corpo alle sfide ormetiche e come? Cos’è la medicina a base di ormesi?

Buone notizie, perché sì, possiamo!

Come detto in precedenza, qualsiasi squilibrio nell’omeostasi causato da stress intermittenti, lievi e fisiologici può essere spiegato attraverso l’ormesi. Ad esempio, è stato riportato che piccoli episodi di lieve ischemia, indicati come precondizionamento ischemico (IPC), proteggono il cervello da una futura grave deplezione di sangue e, quindi, di ossigeno (Martins et al., 2011). Allo stesso modo, è stato scoperto che una lieve restrizione calorica in diversi animali è associata alla protezione contro diverse forme di cancro (Bhakta-Guha e Efferth, 2015). Mentre la restrizione calorica estrema potrebbe tradursi in malnutrizione, la restrizione lieve, al contrario, evoca una risposta adattativa che difende un individuo dal cancro e da altre patologie degenerative, come le malattie neurodegenerative e geriatriche… Inoltre, i segnali ormetici provenienti da un tessuto sotto stress possono essere trasferiti a tessuti distanti, fenomeno generico denominato “condizionamento a distanza”, del tutto simile ad una risposta endocrina fisiologica. Il pre, il post ed il condizionamento a distanza sono un’area promettente di indagine medica come manifestazione dell’ormesi.

Per diversi decenni si è creduto che il dosaggio dei farmaci seguisse uno schema lineare, generando un’enorme inconsapevolezza nell’interpretazione delle risposte nella zona a basso dosaggio. Tuttavia, negli ultimi anni, diversi studi hanno mostrato una risposta inversa a diverse dosi di farmaco nello stesso individuo, scartando di conseguenza i modelli di linearità e soglia-risposta della determinazione della dose (Mattson, 2008). Pertanto, contrariamente ai modelli a soglia o lineari, l’ormesi è solitamente rappresentata da una curva dose-risposta a U invertita o a forma di J/U.

Questa dose-risposta bifasica è stata particolarmente rilevante nello stabilire le modalità di progettazione e somministrazione di un farmaco; l’ormesi determina la dose ottimale di un farmaco prescritto e, quindi, come ha detto Philip von Hohenheim, “è la dose che fa il veleno” (Gems e Partridge, 2008). Questo concetto ha permesso lo sviluppo di numerosi agenti farmaceutici. Ad esempio, risposte bifasiche di farmaci ansiolitici e antiepilettici sono state frequentemente riportate durante le varie fasi degli studi preclinici. I dati ormetici di questi studi sono stati utilizzati per selezionare le dosi durante gli studi clinici.

L’ormesi ha svolto un ruolo fondamentale non solo nell’industria farmaceutica, ma anche nell’interpretazione dei dati farmaceutici da parte della Food and Drug Administration.

In questo campo sono attesi risultati biomedici e clinici promettenti poiché questi concetti hanno implicazioni per le attività traslazionali in medicina o altri domini biologici e farmaceutici!

duo, scartando di conseguenza i modelli di linearità e soglia-risposta della determinazione della dose (Mattson, 2008). Pertanto, contrariamente ai modelli a soglia o lineari, l’ormesi è solitamente rappresentata da una curva dose-risposta a U invertita o a forma di J/U.

Questa dose-risposta bifasica è stata particolarmente rilevante nello stabilire le modalità di progettazione e somministrazione di un farmaco; l’ormesi determina la dose ottimale di un farmaco prescritto e, quindi, come ha detto Philip von Hohenheim, “è la dose che fa il veleno” (Gems e Partridge, 2008). Questo concetto ha permesso lo sviluppo di numerosi agenti farmaceutici. Ad esempio, risposte bifasiche di farmaci ansiolitici e antiepilettici sono state frequentemente riportate durante le varie fasi degli studi preclinici. I dati ormetici di questi studi sono stati utilizzati per selezionare le dosi durante gli studi clinici.

L’ormesi ha svolto un ruolo fondamentale non solo nell’industria farmaceutica, ma anche nell’interpretazione dei dati farmaceutici da parte della Food and Drug Administration.

In questo campo sono attesi risultati biomedici e clinici promettenti poiché questi concetti hanno implicazioni per le attività traslazionali in medicina o altri domini biologici e farmaceutici!

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